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Audioslave, una band sinonimo
di aspettative (altissime), paragoni (illustri) e qualche interrogativo
(giustificato). Cosa aspettarsi dai Rage Against The Machine che sostituiscono
un rapper quale il portoricano Zack De La Rocha con Chris Cornell, senza
dubbio una delle più grandi voci che il rock degli ultimi anni ricordi,
ma che obiettivamente ha poco a che spartire con le cadenze di matrice hip-hop
del suo predecessore? Senzaltro il valore oggettivo dei musicisti
induce lascoltatore ad aspettarsi un capolavoro, ma tralasciando per
un attimo la qualità della musica, non vi nego che sarebbe bello
ascoltare questo disco senza conoscere le esperienze passate di questi quattro
americani, dato che il loro più grosso handicap in questa sede è
il passato. Soundgarden e RATM sono stati due gruppi molto importanti per
il rock degli anni 90, paragonare gli Audioslave a questi due gruppi
è pressoché inevitabile, anche se in un certo qual modo fastidioso.
Diciamo che dei primi riprendono la potenza, limpatto, nonché
loscurità di alcuni passaggi, mentre dai secondi abbiamo in
eredità una perizia tecnico/strumentale di livello davvero molto
alto. Nel dettaglio, la chitarra di Tom Morello è come sempre di
ottima fattura in ogni contesto in cui si cimenta, ora stoppata, ora acida,
ora tagliente. La sezione ritmica di Brad Wilk e Tim E. è precisa
e produce groove piuttosto interessanti, anche se Matt Cameron, ai tempi
di Cornell nei Soundgarden, era ad un livello quasi alieno. La voce di Cornell
non credo necessiti di presentazioni di alcun genere. Si tratta semplicemente
di uno dei vocalist più in gamba degli anni novanta, e la sua voce
è la classica ciliegina sulla torta che rende questalbum unico.
Cochise apre lalbum puntando su un muro sonoro di notevole
impatto, con un Cornell pronto a ribadire ancora una volta la forma smagliante
in cui versa la sua ugola. Di tanto in tanto riusciamo a cogliere nei vari
pezzi qualche richiamo stoner o magari vaghe similitudini con gli ultimi
QOTSA, ma si tratta più che altro di spezie dosate in maniera corretta,
con il compito di rendere lalbum variegato e sicuramente poco stantio.
Set It Off e lacida Light My Way sono gli
episodi più imparentati coi RATM, fortunatamente depurati di vocals
rappate e testi politicizzati, mentre What You Are parte calma
con le sue strofe, per sfociare poi in un esplosivo ritornello di Soundgardeniana
memoria, davvero uno degli highlights migliori dellalbum. Like
A Stone e I Am The Highway si presentano invece come due
ballads malinconiche davvero di ottima fattura, che avrebbero tantissimo
da insegnare agli ultimi aborti in materia targati RHCP, ma questa è
unaltra storia
Se proprio volessimo trovare un punto debole,
potremmo indicare leccessiva durata (65 minuti per 14 pezzi), che
può far risultare il disco un po pesante da metabolizzare,
almeno a coloro che non masticano abitualmente queste sonorità. In
ogni caso si tratta di un lavoro davvero ottimo, sicuramente una delle migliori
releases dellanno. Tuttavia se pensiamo che a partorirlo sono stati
musicisti dalle potenzialità eccezionali quali Cornell e Morello,
possiamo renderci conto di come questo Audioslave può
essere considerato linizio di un qualcosa di molto più grande
e immenso. Sinceramente ho paura di immaginare dovè che potrebbero
arrivare questi quattro ragazzi nel prossimo futuro. Recensione Realizzata da Tony Aramini. |
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Vote: 8- |